Perché parlare di plagio nella tesi non è un dramma (ma quasi)
Scrivere la tesi è già un percorso pieno di ansia accademica di livello olimpionico. Ore passate a fissare il cursore che lampeggia, caffè presi a orari discutibili, parentesi che non si chiudono mai. In questo quadro già idilliaco, la paura del plagio è la ciliegina sulla torta: “oddio, avrò copiato troppo? E se il relatore mi sgama?”.
La verità è che il plagio non è un fantasma messo lì per terrorizzare gli studenti: è un problema reale. E non basta scrivere in italiano corretto per evitarlo: devi dimostrare che quello che presenti è davvero il tuo lavoro e che sai distinguere tra idee tue e idee prese in prestito (con tanto di citazione).
Non serve farsi venire un esaurimento: se capisci cos’è il plagio, come funziona il controllo e impari a evitarlo con qualche trucco pratico, la tua tesi non rischia di finire nel cestino. Insomma: non è la fine del mondo, ma se lo ignori può diventare un bel casino… e nessuno ha voglia di rifare tutto da capo a due settimane dalla discussione.
Che cos’è il plagio in una tesi
Definizione senza fronzoli
Il plagio è quando prendi le parole, le frasi o persino le idee di qualcun altro e le infili nella tua tesi come se fossero tue. Non importa se è un capitolo intero copiato da un libro, una frase pescata da un sito web o una traduzione arrangiata in fretta con Google Traduttore: se non citi la fonte, è plagio. Punto.
Molti studenti pensano che “se non faccio copia-incolla diretto non vale”. Spoiler: vale eccome. L’università non pretende che tu scriva un romanzo geniale da zero, ma si aspetta che tu sappia distinguere ciò che è tuo contributo da ciò che è stato già scritto da altri.


Tipologie di plagio
Non esiste un solo modo di plagiare (purtroppo). I professori le conoscono tutte, e i software anti-plagio anche. Ecco le varianti più diffuse:
Plagio diretto: il classico copia-incolla. Facile da fare, facilissimo da beccare.
Plagio mosaico: prendi pezzi qua e là da fonti diverse e li incolli insieme, convinto di essere furbo. Risultato: un patchwork che il software legge come una lasagna copiata.
Parafrasi scorretta: cambi due parole, usi un sinonimo e pensi di averla fatta franca. Non funziona.
Autoplagio: riciclare un tuo vecchio elaborato, progetto o esame e riproporlo nella tesi. Sì, si chiama plagio anche se il lavoro era tuo.
Capire queste differenze serve a una cosa: smettere di pensare che “plagio” significhi solo copiare un intero capitolo. Anche un mezzo paragrafo sistemato male può alzare le percentuali di similitudine. Meglio imparare a giocare pulito fin dall’inizio.
Come le università beccano il plagio
Software anti-plagio ufficiali
Non è fantascienza: le università hanno software che scansionano la tua tesi e la confrontano con milioni di testi online, articoli, libri, archivi accademici e tesi già caricate negli anni passati. I più diffusi sono Turnitin e Compilatio (ma ne circolano anche altri).
Il risultato è un report con una percentuale di similitudine. Non guardano solo il numero finale (tipo “hai il 30% di copia”), ma anche dove si trova quella similitudine. Se hai copiato un intero paragrafo di introduzione, è un conto; se è un titolo standard o una definizione comune, nessuno ti punta il dito.
In pratica, non puoi fare il furbo: questi sistemi vedono praticamente tutto.

La buona notizia (per te)
Prima di andare nel panico, c’è una cosa che devi sapere: puoi fare tu lo stesso controllo, prima che lo faccia il relatore. Non serve avere accesso ai software dell’università, perché esistono strumenti dedicati agli studenti che vogliono arrivare preparati.
Due soluzioni alla mano sono:
Zeroplagio: rapido, preciso e pensato per studenti che non vogliono perdersi in mille tecnicismi.
Plagioscanner: per chi preferisce un report super dettagliato, facile da leggere e condividere.
Controllare la tesi con uno di questi software significa giocare d’anticipo. Scopri se hai parafrasato male, se hai dimenticato di citare una fonte o se la percentuale di similitudine è più alta del dovuto. Molto meglio scoprirlo sul tuo pc che davanti al relatore con la faccia da “mi è scappato”.
Hai visto come i software dell’università ti smascherano? Non aspettare di scoprirlo dal relatore.
Cosa rischi se copi
Qui non stiamo parlando di una ramanzina stile liceo con nota sul registro. Il plagio nella tesi ha conseguenze serie, e non solo perché il relatore ci resta male. Ci sono tre livelli di rischio:
Accademico: la tua tesi può essere annullata o rimandata. Significa mesi buttati, laurea rinviata e genitori che già avevano prenotato il ristorante che ti guardano malissimo.
Etico: la fiducia si brucia in un attimo. Il tuo relatore (che magari già ti risponde dopo tre settimane) smette completamente di prenderti sul serio. E no, non si dimenticano: rimani “quello che ha copiato” anche agli occhi di altri docenti.
Legale: in casi estremi, se copi pezzi sostanziali di opere protette, si può arrivare a violare il diritto d’autore. Non è la regola, ma sappi che la possibilità esiste.
In breve: la scorciatoia del copia-incolla sembra salvarti tempo, ma in realtà è come lanciare un boomerang. Torna indietro, ti colpisce in faccia e ti fa perdere molto più tempo di quanto pensavi di risparmiare.
Come evitare il plagio
(e non diventare un monaco copista)
Cita sempre le fonti
Ogni volta che prendi un’idea, una definizione o un concetto da qualcun altro, devi indicare da dove arriva. Sempre. Non importa se è un libro, un articolo scientifico o un sito web: senza citazione, sei nei guai. Lo stile lo decide il relatore (APA, Chicago, MLA…), ma non c’è scusa per dimenticarsi. La regola è semplice: meglio una citazione in più che una figuraccia davanti alla commissione.
Usa virgolette e parafrasi con criterio
Se riporti testualmente un pezzo, mettilo tra virgolette. Se invece vuoi rielaborare, fallo sul serio: significa riscrivere il concetto con le tue parole, collegarlo al tuo discorso, spiegare perché è rilevante. Cambiare due aggettivi non è parafrasi, è pigrizia. E sì, i software lo sgamano.
Organizza la bibliografia man mano
La bibliografia non si improvvisa all’ultimo giorno con dieci tab aperti e nervi a pezzi. Il trucco è raccogliere le fonti man mano che scrivi: titolo, autore, anno, pagina. Bastano due minuti per segnarseli subito, ma ne risparmi ore (e crisi isteriche) quando ti chiederanno l’elenco finale.
Controlla con un software
Fidarsi è bene, controllare è meglio. Prima di consegnare, passa la tua tesi su un programma anti-plagio. Con Zeroplagio hai un check veloce e affidabile, con Plagioscanner ottieni un report dettagliato che puoi anche mostrare al relatore per dimostrare che hai fatto i compiti. È il modo più semplice per dormire la notte invece di contare percentuali di similitudine.
Hai fatto tutto bene ma un dubbio ti rode ancora? Non lasciare la tua ansia a girare in loop.
Falsi miti da smontare
Sul plagio circolano un sacco di leggende metropolitane. Alcune sono comiche, altre pericolose. Vediamo le più diffuse e smontiamole senza pietà:
“Se cambio due parole non è plagio” → magari. I software anti-plagio riconoscono anche le parafrasi scrause. Sostituire “importante” con “rilevante” non ti salva: resta comunque copiato.
“Ma tanto tutti copiano” → no. C’è chi studia, chi si organizza, chi si fa aiutare in modo serio. Chi copia sperando che nessuno se ne accorga, di solito, si becca la bastonata.
“Wikipedia non va citata” → certo che va citata. Non è la Bibbia accademica, ma se usi definizioni prese da lì, la fonte va dichiarata. Anche le enciclopedie digitali sono fonti, non “terra di nessuno”.
“Il relatore non leggerà mai tutto” → vero, forse non leggerà tutto. Ma il software anti-plagio sì, e quello non ha pietà.
Morale: smetti di cercare scappatoie da manuale di sopravvivenza. Evitare il plagio non è un esercizio di furbizia, è questione di correttezza (e di evitare grane gigantesche all’ultimo minuto).
Hai fatto un check e ti sei accorto che la percentuale di plagio è da brividi? Niente panico: non è la fine, è solo il momento di correre ai ripari.
L’AI e il rischio di plagio nella tesi

ChatGPT & co. non sono bacchette magiche
L’AI può essere un ottimo strumento per fare brainstorming, schematizzare un argomento o aiutarti a buttare giù un indice. Ma c’è un problema: se pensi di copiarne i testi pari pari nella tua tesi, stai rischiando grosso. Non solo perché i software anti-plagio spesso intercettano pezzi già presenti online, ma anche perché molti sistemi universitari stanno sviluppando controlli specifici per scovare contenuti scritti dall’intelligenza artificiale.
Originalità e stile personale non si simulano
Una tesi non è un post su un blog. Deve avere la tua impronta: il tuo modo di collegare le fonti, la tua analisi, la tua interpretazione. L’AI non conosce il tuo relatore (per fortuna) né le richieste specifiche del tuo corso di laurea. Usare testi generati automaticamente senza rielaborarli è come indossare un vestito preso a caso da un manichino: si nota subito che non è fatto su misura.


Come usare l’AI senza farti male
Non demonizziamo: l’AI è utilissima se la usi con criterio. Alcuni modi “smart”:
generare idee per l’indice, ma poi costruirlo tu con fonti vere;
farti spiegare concetti complicati per capirli meglio, non per copiarli;
ottenere esempi o schemi riassuntivi da cui partire, rielaborando sempre in modo personale.
La regola è questa: AI sì, plagio no. Usa questi strumenti come supporto, ma non come scorciatoia. Altrimenti il rischio è di finire non solo con una tesi poco originale, ma anche con una segnalazione poco simpatica.
Buone pratiche finali
Arrivati a questo punto, avrai capito che evitare il plagio non è un’arte misteriosa, ma un mix di buonsenso e organizzazione. Ecco tre dritte pratiche per chiudere il lavoro senza patemi:
Pianifica la scrittura → Non ridurti all’ultima settimana con 80 pagine da inventare. Scrivere un po’ per volta riduce la tentazione del copia-incolla selvaggio.
Integra le fonti con la tua voce → I prof non vogliono leggere un collage di citazioni. Vogliono vedere che tu hai capito e collegato i pezzi. Ogni volta che inserisci una fonte, aggiungi anche un commento o un’analisi personale.
Mantieni ordine e coerenza → Bibliografia aggiornata, citazioni corrette, note precise. Sì, è noioso, ma avere tutto in fila ti fa sembrare (e sembrare è metà del lavoro) uno studente serio e preparato.
La tua tesi non deve cambiare la storia dell’umanità, deve solo dimostrare che sai lavorare in modo onesto e coerente. E credimi: i relatori riconoscono subito chi ha fatto le cose con criterio e chi invece ha cercato di fare il “furbetto”.
Vuoi tagliare corto e non rischiare niente, né con l’AI né con il copia-incolla? Affidati direttamente a noi: la tesi la scriviamo insieme, passo passo, senza ansia e senza brutte sorprese.
FAQ sul plagio nella tesi
Sì. Anche due righe copiate senza citazione contano come plagio. Non importa se è una frase breve o un paragrafo intero: la regola è sempre la stessa. Se vuoi usarle, metti le virgolette e la fonte. Fine della storia.
Dipende dall’università e dal relatore. In genere sotto il 15% sei tranquillo, tra il 20–25% iniziano le facce sospette, oltre il 30% è rischio bocciatura. Ma attenzione: non conta solo il numero, conta dove hai copiato. Un 10% tutto concentrato nell’introduzione fa più male di un 20% distribuito tra definizioni comuni.
Se incolli il testo dell’AI senza toccarlo, sì: perché non è farina del tuo sacco. L’AI può darti una mano a capire e a organizzare, ma il lavoro finale deve essere tuo. Anche perché i prof non sono scemi: se scrivi come un premio Nobel in un capitolo e come un reduce di guerra negli altri, se ne accorgono.
Certo, ma citala. Non è la fonte più raffinata del mondo, ma se l’hai usata non fare finta di niente. Scrivere “secondo Wikipedia” non ti fa perdere punti, ti fa solo sembrare uno studente onesto (che è già molto).
Respira. Non sei il primo. Puoi fare un check veloce con Zeroplagio o Plagioscanner, capire cosa non va e correggere. E se la situazione è disperata, ti possiamo anche aiutare a sistemarla e ridurre il plagio senza dover buttare tutto.
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